Il secondo episodio del nostro viaggio comincia con un aneddoto.
Durante un sopralluogo per il Volontariato Tour, una nostra amica si è fermata davanti al Carro di Santa Rosalia.
Lì, sotto quel monumento sospeso tra arte e memoria, una signora anziana, con le buste della spesa strette tra le mani, l’ha avvicinata con naturalezza.
Con un gesto della mano e un sorriso pieno di orgoglio, ha detto:
“Da quando c’è Santa Rosalia, la gente si fa a cruci… e munnizza non ne butta.”
In quella frase c’era tutto: il senso di comunità, la fede popolare che diventa cura dello spazio comune, la volontà di guardarsi intorno con occhi nuovi.
Questa restituzione che ci è arrivata è un promemoria semplice e potentissimo per raccontarvi come abbiamo scelto il luogo, o come forse il luogo abbia scelto noi.
Prima di immaginare cosa sarebbero stati quei cento abiti, abbiamo fatto la cosa più semplice e più difficile: ascoltare il quartiere.
Lo Sperone non ha bisogno di interpretazioni dall’esterno.
Ha bisogno che qualcuno si sieda, guardi, domandi, resti.
Così siamo partite dalla scuola, dalle associazioni, dai marciapiedi dove la vita scorre più vera che altrove.
Abbiamo chiesto alle persone — soprattutto alle donne e alle bambine e bambini — di raccontarci cosa mancava, cosa serviva, cosa poteva fiorire.
Lo Sperone non è un luogo da salvare, ma da ascoltare.
Solo così sono emersi bisogni chiari, concreti, profondi:
spazi sicuri dove potersi incontrare,
momenti in cui sentirsi viste e non giudicate,
attività che non fossero calate dall’alto ma costruite con loro,
opportunità creative per far emergere talenti e voci spesso schiacciate dalla quotidianità.
È proprio in questa fase di ascolto che si è confermata ancora una volta la nostra radice più solida nel quartiere:
Dal 2019, quando abbiamo donato il murale Sangu e Latti, la dirigente Antonella Di Bartolo, le docenti e gli studenti sono stati il nostro primo ponte, il nostro punto di accesso autentico allo Sperone.
Con loro abbiamo continuato a costruire un rapporto di fiducia che ci guida ancora oggi.

A poco a poco il luogo ideale ha iniziato a chiamarci:
l’area vicina a dove l’anno prima era stato installato il Carro di Kounellis, una delle installazioni più potenti di Palermo.
Uno spazio sospeso tra ferita e possibilità.
Un monumento che sembra un altare laico dedicato al lavoro, alla fatica, alla memoria collettiva.
In quello stesso luogo, L’Arte di Crescere nel 2024 aveva portato un dono alla città per i 400 anni di Santa Rosalia:
le Rosalie Ribelli, figure simboliche nate per rompere gli stereotipi sulla santità femminile e restituire a Rosalia la sua forza popolare, viva, libera.
Quel gesto aveva già preparato il terreno.
Le Rosalie Ribelli avevano aperto un varco: la possibilità di raccontare una nuova narrazione femminile, fatta di dignità e ribellione.
I nostri cento abiti, ancora chiusi nei sacchi e appesi nelle nostre case, sembravano ora pronti a raccogliere quella eredità.
È stato lì, davanti al Carro di Kounellis, che abbiamo compreso che il progetto avrebbe preso forma a partire dal quartiere stesso:
non solo trasformare gli abiti, ma trasformare i confini, gli immaginari e gli spazi condivisi dello Sperone.
Quel gesto era già un seme.
Noi lo abbiamo innaffiato.
Simbolicamente e concretamente: piantumando alberi e installando la casetta delle parole, un piccolo presidio culturale dove fare book crossing e tenere vivi i racconti.
E poi c’è stato un momento che ha cambiato tutto.
Durante una delle passeggiate “Arruspìgghiati”, a cui partecipavano anche persone in carico ai servizi della giustizia, è successa una cosa semplice e grandiosa.
Monica, una volontaria, ha iniziato a parlare con una ragazza — un’amica di Ivana, abitante del quartiere.
Tra i passi lenti e le case che si aprivano sulla strada, quella ragazza ha detto una frase che ci è rimasta cucita addosso:
“Qui non possiamo fare sport.
E nemmeno i nostri figli.
Niente è gratis, niente è per noi.”
Non era una lamentela.
Era una constatazione nuda, piena di verità.
In quel momento abbiamo capito che l’ascolto non era solo il punto di partenza del progetto: era il progetto stesso.
Da quella voce — e da molte altre voci come la sua — è nata l’idea dell’area fitness.
Un’idea che abbiamo concordato con il Comune di Palermo e con l’Assessorato allo Sport, affinché fosse sostenibile, resa possibile e realmente utile per chi vive ogni giorno quell’area.
Una scelta che ha preso forza proprio grazie al rapporto profondo con la scuola Sperone–Pertini, che da anni ci guida nel leggere bisogni e desideri delle famiglie.
L’area fitness non è un “intervento”, ma una risposta.
Un gesto di restituzione.
Perché a volte basta poco per accendere una possibilità: una passeggiata, una domanda sincera, una frase detta con pudore mentre si attraversa la strada.
Questo è il secondo episodio di Abiti RiBelli:
La storia di come il quartiere ci ha raccontato i suoi desideri
e di come un luogo fatto di ferro, memoria e resistenza sia diventato la nostra prima casa.
Il contenuto che stai leggendo fa parte del progetto Abiti RiBelli, iniziativa solidale dell’associazione L’Arte di Crescere ODV che valorizza oltre 100 abiti da sposa per finanziare la prima area fitness pubblica e gratuita del quartiere Sperone a Palermo.
Puoi contribuire:
👉 – partecipando all’asta online degli abiti da sposa, attiva dal 6 dicembre al 6 gennaio,
👉 – partecipando allo spettacolo teatrale al Teatro Biondo, il 23 dicembre alle 19:00


