C’è un momento, nel cammino di Abiti RiBelli, in cui gli abiti smettono di essere tessuto e diventano specchio.
Succede ogni volta che Monica, con quella sua gentilezza che non chiede permesso, posa lo sguardo su una donna e domanda:
“E tu… che RiBelli?”
“E tu… cosa sposeresti del tuo quartiere?”
Lo Sperone è un luogo dove la parola spesso non ha casa.
Eppure, quando fai la domanda giusta, la parola arriva. Sempre.

Le donne rispondono senza esibizione, senza sceneggiatura, senza paura di mostrarsi.
Rispondono come si parla quando nessuno ti ha mai chiesto davvero cosa hai nel cuore.
C’è chi dice:
— “RiBello la mia storia. Mi hanno sempre detto che qui non vale niente… e invece vale.”
Un’altra, con la voce bassa, confida:
— “Sposerei il mare. Il nostro, quello che non vediamo mai, che è vicino ma per noi è lontano.”
Una ragazza, ancora con la divisa del lavoro addosso, risponde:
— “RiBello il pensiero che questo quartiere debba restare così. Io ci vedo luce.”
E poi la donna sorda, che risponde con le mani, con il sorriso, con il corpo intero:
la sua frase non la senti — la vedi.
E nel vederla capisci che la ribellione può essere dolcissima e insieme potentissima.
Una mamma dice:
— “Sposerei la forza delle donne che non mollano mai.”
Un’altra:
— “RiBello la solitudine. Basta. Qui siamo tante, e siamo vive.”
Una signora anziana, seduta accanto alle cassette della frutta, sussurra:
— “Sposerei la strada. Perché è dura, ma è nostra.”
E infine c’è la risposta che ci ha attraversato come un fulmine:
— “RiBello il destino che hanno scritto per noi. Lo cambiamo. Piano piano, ma lo cambiamo.”
Queste voci non sono interviste.
Sono confessioni collettive, sono la prova che lo Sperone non è soltanto periferia:
è un archivio di verità, un atlante emotivo, un luogo dove i diritti arrivano sempre un po’ più tardi —
il diritto al mare, il diritto allo sport, il diritto alla bellezza, il diritto di dire “io valgo”.
E noi le abbiamo raccolte tutte.
Durante le assegnazioni degli abiti, come nei video che trovate qui, o in quelli nelle mattine di vento, nei pomeriggi sospesi davanti al Carro di Kounellis, girati con Antonio Macaluso, nelle voci che tremano e in quelle che si alzano.
Da queste risposte nasce la colonna vertebrale del progetto.
Perché prima che parlasse l’arte, hanno parlato le donne.
Prima dei laboratori, degli eventi, dei fondi, dei tavoli di lavoro,
ci sono state loro:
le custodi, le interpreti, le prime vere ribelli di Abiti RiBelli.
Il contenuto che stai leggendo fa parte del progetto Abiti RiBelli, iniziativa solidale dell’associazione L’Arte di Crescere ODV che valorizza oltre 100 abiti da sposa per finanziare la prima area fitness pubblica e gratuita del quartiere Sperone a Palermo.
Puoi contribuire:
👉 – partecipando all’asta online degli abiti da sposa, attiva dal 6 dicembre al 6 gennaio,
👉 – partecipando allo spettacolo teatrale al Teatro Biondo, il 23 dicembre alle 19:00


