9. Sotto lo sguardo di Igea. La cura che nasce dalla comunità di Abiti RiBelli

Siamo tornate stamattina a Villa Igea per la conferenza stampa di Abiti RiBelli.

E non è stato un ritorno qualsiasi.

Nove anni fa, in questo stesso luogo, eravamo lì a dare voce
a qualcosa che non riusciva più a restare silenzioso:
l’urlo delle madri.
Un urlo fatto di stanchezza, di solitudine, di amore non riconosciuto,
di diritti dati per scontati e poi negati.
Un urlo che non chiedeva pietà, ma ascolto.
E cambiamento.

Sono passati nove anni.
In questo tempo abbiamo imparato parole nuove,
abbiamo letto dati, statistiche, rapporti.
Sappiamo che i tassi di allattamento continuano a raccontare
una storia di disuguaglianze.
Che le politiche regionali sulla maternità e sulla cura
restano spesso frammentate, fragili, incoerenti.
Che mentre la retorica sulla famiglia cresce,
i servizi arretrano.
E sì, dobbiamo dirlo con onestà:
oggi la situazione è persino peggiore di allora.

Ma una cosa è cambiata.
Noi.

Noi siamo diverse.
Più consapevoli di come il potere attraversa i corpi.
Più capaci di riconoscere la violenza sottile del “ce la devi fare”.
Più intrecciate, meno sole.
Meno disposte a trasformare il sacrificio in destino.

La conferenza stampa è stata aperta e moderata
con l’intervento di Monica Garraffa,
che ha ricostruito il senso politico e comunitario del progetto Abiti RiBelli.

A seguire, Antonella Di Bartolo, dirigente dell’Istituto Comprensivo Sperone Pertini,
ha offerto una testimonianza potente e concreta:
la cura dei luoghi funziona quando è accompagnata
da responsabilità, presenza e fiducia nelle persone.

Daniela Mangiacavallo, per l’Associazione Baccanica,
ha riportato il lavoro artistico e teatrale dentro una dimensione politica:
Abiti RiBelli non come evento, ma come processo,
come spazio in cui i corpi diventano linguaggio
e la fragilità si trasforma in forza collettiva.

Dal Ministero della Giustizia – UIEPE,
Gabriella Di Franco ha sottolineato il valore delle alleanze istituzionali,
ricordando come i percorsi di cura, inclusione e giustizia sociale
siano inseparabili quando si lavora sui territori più complessi.

L’Assessore allo Sport del Comune di Palermo, Alessandro Anello,
ha ribadito l’impegno dell’amministrazione sugli spazi pubblici
come presìdi educativi e sociali.

Le conclusioni sono state affidate al Vice Sindaco e Assessore alla Cultura, Giampiero Cannella,
che ha riconosciuto il valore culturale e politico di Abiti RiBelli
come pratica capace di tenere insieme memoria, arte e trasformazione sociale.

Durante le domande, Marina Pupella, giornalista, ha posto una questione diretta, concreta, quasi dolorosa:
«Non avete paura che l’area fitness allo Sperone faccia la stessa fine dello skate park di Bonagia?»

Antonella Di Bartolo ha risposto senza alzare la voce, ma tenendo il punto.
Ha raccontato di quando, tredici anni fa, arrivò allo Sperone e a scuola mancavano perfino le porte dei bagni.
Di quando una funzionaria regionale le disse, con rassegnazione:
«A che serve montarle? Tanto poi le rismontano».

Lei quelle porte le ha montate lo stesso.
E nessuno le ha più toccate.

Non per miracolo.
Ma perché qualcuno ha deciso che quei luoghi meritavano rispetto.
Perché la cura, quando è reale, cambia il destino delle cose.
Perché quando una comunità si sente guardata, riconosciuta, coinvolta,
non distrugge: custodisce.

In quella risposta c’era tutto il senso di Abiti RiBelli.
La prova che non è vero che “tanto andrà male”.
Che non è vero che “non vale la pena”.
Che la cura non è ingenua: è radicale.
Ed è l’unica risposta possibile all’abbandono.

E poi c’era lei: Chiara Collorà.

Una giovane psicologa clinica, parte del variegato gruppo di donne
che partecipano all’azione teatrale collettiva di Abiti RiBelli.
Chiara c’è stata fin dall’inizio,
con una disponibilità generosa,
mettendo a servizio del progetto la sua presenza attenta e mai invadente.

Durante la conferenza stampa ha indossato IO,
uno degli abiti più preziosi messi all’asta.
E non era solo un abito.
Era una dichiarazione.

Un corpo che si espone.
Che attraversa il senso del progetto.
Che tiene insieme cura e responsabilità,
fragilità e scelta.

In quel gesto c’era il cuore di Abiti RiBelli:
professioni che non restano neutre,
saperi che non si chiudono nei ruoli,
giovani donne che non aspettano il “momento giusto” per prendere parola,
ma la prendono adesso, con rispetto e coraggio.

Chiara, con il suo esserci, ha ricordato a tutte e tutti
che la cura non è solo un tema da discutere,
ma una pratica che passa dai corpi.
E che quando una giovane donna decide di stare dentro un processo collettivo,
di indossarne il peso e la bellezza,
qualcosa si sposta davvero.

Che dire allora?
In questi nove anni l’urlo non si è spento.
Si è sedimentato.
Ha trovato forme nuove:
parole, relazioni, pratiche, alleanze.
Ha imparato a stare in piedi,
a farsi progetto,
a diventare gesto politico.

Abiti RiBelli nasce da qui.
Dalla necessità di rendere visibile ciò che viene nascosto.
Di dare dignità ai corpi che curano.
Di trasformare la ferita in linguaggio,
la fatica in atto collettivo,
la cura in diritto.

Siamo tornate stamattina a Villa Igea
non per nostalgia,
ma per responsabilità.
Perché la memoria non è un ricordo da conservare:
è una spinta che chiede continuità.
E perché ogni volta che torniamo,
non siamo le stesse di prima.

L’urlo delle madri non è finito.
Ha cambiato forma.
E continua a camminare con noi.

Oggi lo abbiamo detto a voce alta.
Per raccontare cosa siamo diventate
e cosa non siamo più disposte ad accettare.

Questo è il nono episodio di Abiti RiBelli. Parla di oggi. 16/12/2025 – ore 10:00
Conferenza stampa – Abiti RiBelli

Perché la cura non è un favore.
La maternità non è retorica.
E i diritti, se non si difendono, arretrano.

L’urlo continua.
E oggi ha una voce collettiva.

Il contenuto che stai leggendo fa parte del progetto Abiti RiBelli, iniziativa solidale dell’associazione L’Arte di Crescere ODV che valorizza oltre 100 abiti da sposa per finanziare la prima area fitness pubblica e gratuita del quartiere Sperone a Palermo.

Puoi contribuire:
👉 – partecipando all’asta online degli abiti da sposa, attiva dal 6 dicembre al 6 gennaio,
👉 – partecipando allo spettacolo teatrale al Teatro Biondo, il 23 dicembre alle 19:00

👉 con un libero contributo

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